Scriveva Einstein a Bohr1 negli anni 30. “Non posso credere che Dio giochi ai dadi con l’universo”.
Meno nota ma certamente più sagace la risposta del secondo: “Caro Albert, dovresti smetterla di dire a Dio quello che deve o non deve fare”.
Queste, le premesse. Da una parte abbiamo il grande genio della Teoria della Relatività, paladino di una realtà ordinata, il quale mal digeriva l’idea di una magmatica fisica quantistica dove tutto poteva letteralmente essere l’opposto di tutto, e dall’altra uno dei più importanti e spavaldi pionieri di questa nuovissima teoria. Due posizioni diametralmente opposte. Due genialità inconsapevolmente complementari che al tempo non sapevano di lavorare per il medesimo obiettivo. Entrambi avevano ragione, entrambi avevano torto, ma questo è un altro discorso. Procediamo con ordine e parliamo dell’Esperimento E.P.R.
Il paradosso E.P.R. è un esperimento “mentale” che prende il nome dai tre fisici che lo hanno ideato: Einstein, Podolsky e Rosen.

Questo esperimento paradossale venne ideato e proposto da Einstein con l’intento di dare il colpo di grazia all’allora nascente ‘eresia quantistica’, la quale, nelle sue incomprensibili bizzarrie, pareva indicare, appunto, che Dio giocasse ai dadi con l’universo. Nonostante le intenzioni del fisico tedesco fossero quelle di demolire una volta per tutte l’impalcatura della fisica quantistica, la sua provocazione finì, purtroppo per lui, per ottenere l’effetto opposto di quello sperato. L’E.P.R gli si rivoltò contro ed il fisico tedesco finì per dare un grandissimo contributo allo sviluppo della teoria della meccanica quantistica.
Ma cerchiamo di capire di cosa si tratta, facendocelo spiegare nientemeno che dall’attuale Dalai Lama, grande appassionato e studioso di fisica quantistica: «In fisica, la natura interdipendente della realtà è stata messa in evidenza dal cosiddetto paradosso EPR. […] Questo paradosso fu originariamente formulato per sfidare la meccanica quantistica. Supponiamo che venga creata una coppia di particelle e che queste poi si separino muovendo in direzioni opposte anche per grandi distanze, per esempio una fino a Dharmasala, dove vivo io, e l’altra fino a New York. Una delle proprietà di questa coppia di particelle è che i loro spin (rotazioni – NdR) devono avere direzioni opposte, cosicché mentre uno è “su”, l’altro risulterà essere “giù”. Secondo la meccanica quantistica la correlazione tra le misure (per esempio quando una è “su”, l’altra deve essere “giù”), deve esistere anche se gli attributi individuali non sono determinati finché gli sperimentatori non misurano una delle particelle, diciamo quella di New York. A questo punto quella di New York acquisterà un valore, diciamo “su”, nel qual caso l’altra particella deve simultaneamente divenire “giù”. Queste determinazioni di “su” e “giù”, sono istantanee anche per la particella a Dharmasala, che non è stata ancora misurata. Nonostante la loro separazione, le due particelle appaiono come un’entità strettamente intrecciata. Secondo la meccanica quantistica sembra esserci, al cuore della fisica, una profonda interrelazione»2.
In altre parole i tre fisici (E.P.R.), sostenevano che, secondo la meccanica quantistica, se si traggono due particelle, mettiamo, due elettroni, (per l’esattezza l’esperimento più probante fu eseguito usando due fotoni provenienti da un atomo di Calcio) da uno stesso atomo, li si separano allontanandoli di una qualunque distanza, e se ne osserva uno, allora, nel momento in cui questi presenta una determinata caratteristica (spin su o giù), anche l’altro, immediatamente, viene in qualche modo “informato” dell’osservazione avvenuta, e “collassa” nello stato necessario, ovvero, assume determinate caratteristiche esattamente complementari a quelle della particella osservata. Nel caso dello spin, come abbiamo visto, “giù” o “su”.
Ora, dal momento che nulla, in fisica, secondo la teoria della relatività ristretta, può superare la velocità della luce, i concetti stessi di immediato e di contemporaneo sono pura astrazione, ed essendo allora che nessuna informazione può trasmettersi “immediatamente”, la teoria quantistica era, per Einstein e i suoi amici, ‘una teoria incompleta’, e le ipotesi di Bohr e della Scuola di Copenhagen erano solo fantasie farlocche. Colpito e affondato?

Queste conclusioni, provenienti dall’uomo più importante nel mondo della fisica – ricordiamoci che Einstein era un vero divo ai suoi tempi – per un certo tempo riuscirono a mettere in seria difficoltà i paladini della fisica quantistica, ma la risposta non si fece attendere e fu letteralmente esplosiva, rivoluzionaria, e per certi aspetti che vedremo, totalmente mistica. Tale risposta viene definita Interpretazione di Copenhagen, Kopenhagener Geist.
In sintesi si afferma che, allontanando i due famigerati elettroni di una qualsivoglia distanza, pure dell’ordine di anni luce, queste particelle, laddove non osservate, si trovano in uno stato quantico indeterminato, detto “sovrapposizione di stati” e solo al momento dell’osservazione esse collassano entrambe “istantaneamente”, senza la necessità di alcuno scambio di informazione, che, come abbiamo visto, non potrebbe assolutamente avvenire senza contraddire le leggi della Relatività Ristretta.
Il collasso delle particelle avviene perché esse fanno parte di un sistema unico, sono intrecciate, entangled, insomma, come se fossero una cosa sola. Scaturiscono entrambe da un unico punto, un unico atomo, nella fattispecie.
Ora, un parametro necessario alla riuscita dell’esperimento è che le particelle debbano rimanere in contatto per un certo lasso di tempo, e, date le loro dimensioni, basta qualche infinitesima frazione di secondo, affinché tale “intreccio” avvenga.
Nel corso dei decenni successivi, esperimenti di laboratorio diedero ragione al fisico Danese. Einstein aveva torto.
La teoria dell’Entanglemet è una delle concezioni più romantiche, affascinanti e poetiche, che si possano trovare in fisica, e le conseguenze di carattere filosofico e mistico che ne derivano, sono a dir poco strabilianti e possono condurci davvero lontano, all’altro capo dell’Universo ed all’altro capo del Tempo.
Proviamo a ragionare: secondo la teoria del Big Bang, tutta la materia che costituisce l’Universo, era concentrata in un unico punto non locale. Non possiamo nemmeno immaginarlo.
A un certo momento, istante, o che cosa… questo punto esplode in un Grosso Bang! e l’universo prende ad essere.
Ora, tutta la materia, in quel momento, era in stretto contatto, era tenuta insieme, era intrecciata, entangled, quindi ogni cosa, ogni essere, ogni atomo, tutto, scaturisce da quell’Unico Punto primigenio, e tutto per questo è intrecciato, connesso, o, meglio ancora, tutto è una cosa sola.
«Due oggetti possono essere separati da un’enorme quantità di spazio e ciò nonostante, non avere un’esistenza del tutto indipendente. Possono essere uniti da una connessione quantistica, l’entanglement, che rende le proprietà dell’uno dipendenti da quelle dell’altro. (…) Secondo alcuni ciò significa che ogni cosa è correlata con tutte le altre, o che la meccanica quantistica stabilisce un entanglement universale. In fondo, al momento del Big Bang, tutto era in un unico luogo. (…) Tutto è stato emesso nello stesso punto, ogni cosa deve per forza essere correlata con tutte le altre»3. Queste parole non provengono da un mistico in pieno delirio estatico, ma da Brian Greene, uno dei più importanti fisici e divulgatori contemporanei, e d’altra parte ormai c’è poco di che stupirsi, la fisica dei nostri giorni pare ricalcare e ribadire concetti cari alla Scienza Occulta delle tradizioni, ristrutturandoli alla luce della matematica e del laboratorio.
Esordisce così nel suo celebre De Occulta Philosophia, l’Agrippa, il mago dei maghi per eccellenza: «Come v’hanno tre sorta di mondi, l’Elementale, il Celeste l’Intellettuale, e come ogni cosa inferiore è governata dalla sua superiore e ne riceve le influenze, in modo che l’Archetipo stesso e Operatore sovrano ci comunica le virtù della sua onnipotenza a mezzo degli angeli, dei cieli, delle stelle, degli elementi, degli animali, delle piante, dei metalli e delle pietre, cose tutte create per essere da noi usate; così, non senza fondamento, i Magi credono che noi possiamo agevolmente risalire gli stessi gradini, penetrare successivamente in ciascuno di tali mondi e giungere sino al mondo archetipo animatore, causa prima da cui dipendono e procedono tutte le cose, e godere non solo delle virtù possedute dalle cose più nobili, ma conquistarne nuove più efficaci. Perciò essi cercano scoprire le virtù del mondo elementale a mezzo dalla Medicina e della Filosofia naturale, servendosi dei differenti miscugli delle cose naturali e le connettono poi alle virtù celesti attraverso i raggi e le influenze astrali e mercé le discipline degli Astrologi e dei Matematici. Fortificano infine e confermano tutte queste conoscenze con le sante cerimonie della Religione e con la possanza delle intelligenze superiori». […] «La Magia è una scienza poderosa e misteriosa, che abbraccia la profondissima contemplazione delle cose più segrete, la loro natura, la potenza, la qualità, la sostanza, la virtù e la conoscenza di tutta la natura; e ci insegna in quale modo le cose differiscano e si accordino tra loro, producendo perciò i suoi mirabili effetti, unendo le virtù delle cose con la loro mutua applicazione e congiungendo e disponendo le cose inferiori passive e congruenti con le doti e virtù superiori»4.

Nonostante, in sintesi, quanto sopra affermato sia una mirabile sintesi di quello che è il senso dell’Ermetismo, ad un diverso e più attento livello di lettura, vi è molto “entanglement” in questo gagliardo e coraggioso incipit, alcune di queste affermazioni si confonderebbero facilmente con quelle dei fisici quantistici e degli esegeti della Teoria delle Stringhe. Facciamo caso per esempio ad alcune affermazioni: “ risalire gli stessi gradini” “e giungere sino al mondo archetipo animatore, causa prima da cui dipendono e procedono tutte le cose”… sembra così tanto chiaro! Riprendiamo per esempio la frase conclusiva di quel passo citato dal Greene: “Tutto è stato emesso nello stesso punto, ogni cosa deve per forza essere correlata con tutte le altre”, ebbene, Mago 500 anni prima e Fisico 500 anni dopo, non stanno forse dicendo le stesse cose? A noi pare davvero di sì, e nemmeno la cosa ci suscita alcuno stupore, considerando che Magia e Fisica hanno passeggiato a braccetto dalla notte dei tempi, e probabilmente non hanno mai davvero bisticciato. L’astrusa matematica della Fisica necessita della speculazione magico-filosofica per essere compresa e decodificata, ed ora più che mai dove le attenzioni dei ricercatori sono rivolte verso mondi e dimensioni non più alla portata della immediata sensitorietà dell’individuo che della Fisica dovrebbe esperire. Non restano che la Magia e la Filosofia per fare diretta esperienza delle scoperte della fisica contemporanea.
Il legame tra Magia e Fisica d’altronde era ben chiaro già nel 1400, tanto che ancora il Filosofo tedesco ebbe a scrivere: «La Magia è la vera scienza, la filosofia più elevata e perfetta, in una parola la perfezione e il compimento di tutte le scienze naturali, perché tutta la filosofia regolare si divide in Fisica, Matematica e Teologia»5, concludendo che «Coloro dunque che vorranno dedicarsi allo studio della Magia, dovranno conoscere a fondo la Fisica, che rivela le proprietà delle cose e le loro virtù occulte»6, e, ci pare necessario aggiungere, sono ormai ben note e non scandalizzano più nessuno, le passioni alchemiche di Isaac Newton.
Questo Uno dal quale tutto scaturisce e dal quale tutto procede sembra quindi assurgere ad entità sperimentale, o comunque ad oggetto sul quale fondare ipotesi scientifiche, se il Big Bang stesso, dopo tutto, non può che essere una ipotesi. Dice l’alchimista Augusto Pancaldi: «Perché dall’origine semplice indicata, che è un centro insondabile, procede l’immensa molteplicità “veluti ex unitate infinitas”, e le differenti opere di tutta la Natura, che vi sgorgano come da una sorgente inesauribile e che si differenziano in svariati esseri, qualità, forme e specie di tutti gli esseri visibili ed invisibili, che però al principio, come già detto, era una cosa sola, e che tale ancora resta. E solo a sconta delle qualità del recipiente che la riceve si qualifica e specifica»7. Il corsivo è nostro, ad evidenziare il concetto di eterna permanenza della Materia, e della sua eterna unicità indivisibile, dove la molteplicità susseguente alla separazione della Cosa, è semplicemente ed ingannevolmente apparente.
Noi umani stessi, siamo costituiti da miliardi di miliardi di particelle, di quelle stesse, identiche, particelle di materia che all’inizio dei tempi, o meglio, precedentemente all’inizio dei tempi, furono unite in un unico punto non locale e non temporale. Quindi tutti, tanto per cominciare, siamo una cosa sola, all’interno o al centro di quell’unico cerchio infinito (se fosse possibile che un infinito possa essere cerchio ed avere centro, come Bruno insegna).
“Ama il prossimo tuo come te stesso”, è detto, perché effettivamente, lo è. Esiste una verità quantistica, in questo sacrosanto comandamento. Questa è l’unica chiave di lettura possibile dell’esperienza della Vita, e non ci stancheremo mai di ripeterlo.
Chi uccide si uccide, chi maledice si maledice, chi odia si odia.
“Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, per questo, “fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te”. O meglio ancora: “Non fare all’altro quello che non vorresti fosse fatto a te”, dato che nella prima forma può essere suggerita la legittimità di intervenire sull’altro per il suo bene nonostante il suo eventuale parere discorde o peggio, a sua totale insaputa. Ovvero, ritengo che ciò che opero su di me sia giusto e per questo lo impongo anche a te. Questo è indubitabilmente aberrante.
Forse, siamo semplicemente e soltanto esseri apparentemente divisi da illusori e velleitari stati di coscienza, e questi stati di coscienza, li definiamo con il termine separativo ed inoggettivo di “individualità”.
Scrive Fritjof Capra nel suo celebre best seller Il Tao della Fisica: «La caratteristica fondamentale della concezione del mondo orientale8, è la consapevolezza dell’unità e della mutua interrelazione di tutte le cose e di tutti gli eventi, la constatazione che tutti i fenomeni del mondo sono manifestazioni di una fondamentale unicità. Tutte le cose sono viste come parti interdipendenti e inseparabili di questo tutto cosmico, come differenti manifestazioni della stessa realtà ultima. […] La fondamentale unicità dell’universo non è solo la caratteristica principale dell’esperienza mistica, ma anche una delle più importanti rivelazioni della fisica moderna. […] I costituenti della materia e i fenomeni fondamentali ai quali essi prendono parte sono tutti in rapporto reciproco, interconnessi e interdipendenti; non possono essere compresi come realtà isolate, ma solo come parti integrate del tutto»9.
Sembra quasi di leggere un antico assunto ermetico riproposto in chiave moderna. Sentiamo cosa ha da dire Giordano Bruno: «L’altezza è profondità, l’abisso è luce inaccesa, la tenebra è chiarezza, il magno è parvo, il confuso è distinto, la lite è amicizia, il dividuo è individuo, l’atomo è immenso; e per il contrario. […] gli contrari veramente concorreno, sono un principio e sono in verità e sostanza uno»10. (Il corsivo è nostro).

«Se dunque il spirto, la anima, la vita, si ritrova in tutte le cose, e secondo certi gradi empie tutta la materia, viene certamente a essere il vero atto, e la vera forma de tutte le cose. L’anima dunque del mondo, è il principio formale costitutivo de l’universo, e di ciò che in quello si contiene; dico che se la vita si trova in tutte le cose, l’anima viene ad esser forma di tutte le cose: quella per tutto è presidente alla materia, e signoreggia nelli composti, effettua la composizione e consistenzia de le parti. E però la persistenza, non meno par che si convegna a cotal forma, che a la materia. Questa intendo essere una di tutte le cose; la qual però secondo la diversità delle disposizioni della materia, e secondo la facultà de principii materiali attivi e passivi, viene a produr diverse figurazioni et effettuar diverse facultadi […]. Cossì mutando questa forma […], è impossibile che se annulle: perché non è meno subsistente la sostanza spirituale che la materiale. Dunque le forme esteriori sole si cangiano […]. Dunque abbiamo un principio intrinseco formale, eterno e subsistente […] (e gli umani – NdR) prendeno tanto spavento per la morte e dissoluzione come quelli a’ quali è imminente la iattura de l’essere. Contra la qual pazzia crida ad alte voci la natura, assicurandoci che non gli corpi né l’anima deve temer la morte, perché tanto la materia quanto la forma, sono principii costantissimi»11. (I corsivi sono ancora nostri).
Il grandissimo filosofo di Nola era giunto alle identiche conclusioni della fisica quantistica con qualche mezzo millennio di anticipo. Mette letteralmente i brividi. Dicendo: “le forme esteriori sole si cangiano perché tanto la materia quanto la forma sono principii costantissimi”, non fa altro che anticipare il postulato fondamentale di Lavoisier, che recita: “ Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, e che è origine e radice della Legge di conservazione della massa”.
Ma non si accontenta di questo, anzi, spinge oltre l’idea originale di Anassagora, postulando l’ipotesi di una sostanza, anima, spirito e comunque materia, invisibile quando non prende forma e costituente quando ne assume, che è unica e identica e che pervade l’universo e che è Uno:
«La materia di cui parliamo, da per sé et in sua natura, non ha forma alcuna naturale, ma tutte le può aver per operazione dell’agente attivo principio di natura […]. Ogni diversità procede da la forma. […] Sì come dunque ne l’arte variandosi in infinito (se possibil fosse) le forme, è sempre una materia medesima che persevera sotto quelle»12.
Quella materia che per la fisica quantistica sta alla base della teoria dell’Entanglement, essendo sempre una materia medesima la quale fu congiunta dall’inizio dei tempi.
«[…] Nessuna cosa si annihila e perde l’essere, eccetto che la forma accidentale esteriore e materiale: però tanto la materia quanto la forma sustanziale di che si voglia cosa naturale, che è l’anima, sono indissolubili”13.
Metempsicosi? Karma? Gilgul?
«E’ dunque l’universo uno, infinito, immobile. Una, dico, è la possibilità assoluta, uno l’atto. Una la forma o anima, una la materia o corpo. Una la cosa. Uno lo ente. Uno il massimo et ottimo, il quale non deve poter essere compreso, e però infinibile et interminabile, e per tanto infinito et interminato, e per conseguenza immobile. Questo non si muove localmente, perché non ha cosa fuor di sé ove si trasporte, atteso che sia il tutto. ».
In queste pagine troviamo il principio di non località; la teoria della relatività e lo spazio-tempo; L’universo olografico di Bohm; il concetto mistico e quantistico di eterno presente…
In Bruno la materia è anima, è Dio. Quella stessa materia che cinquecento anni appresso sarebbe stata definita con il termine “subatomica” e che costituisce le forme e che è ubiqua e si contrae per rarefazione o condensamento. Io e te e tutto quello che è intermedio tra noi due, è fatto della stessa materia intelligente e divina che tutto pervade, per questo siamo Una Cosa Sola, entangled.
Nello Rubino
1Niels Bohr – Nato a Copenhagen il 7 ottobre del 1885, e morto il 18 novembre del 1962, è stato tra i più importanti ricercatori nell’ambito della Meccanica Quantistica. È stato insignito del Premio Nobel per la Fisica nel 1922. A lui si deve l’interpretazione di Copenhagen.
2Jeremy Bernstein – Salti quantici – Adelphi – Milano – 2013 – pag. 52.
3Brian Greene – La trama del cosmo – Einaudi – Einaudi – Torino – 2014 – pag. 144.
4Enrico Cornelio Agrippa – Enrico Cornelio Agrippa – – Edizioni Mediterranee – Roma – 1991 – Vol. I, p. 4.
5Enrico Cornelio Agrippa – – Edizioni Mediterranee – Roma – 1991 – Vol. I, p. 4.
6Enrico Cornelio Agrippa – Edizioni Mediterranee – Roma – 1991 – Vol. I, p. 6.
7Augusto Pancaldi – Alchimia Pratica – Atanor – Roma – 2011 – pag. 183 (da fonte non citata).
8Ci sentiamo di apportare una correzione: la concezione di Unità accomuna tutte le culture degne di questo nome e non attiene al solo mondo orientale. L’orientalismo era comunque una novità dilagante nella seconda metà degli anni settanta, ai tempi del Fundamental Fysiks Group di San Francisco, del quale il fisico fece parte assieme a Jack Sarfatti e Silvan Schweber tra i molti, e quindi è comprensibile il fascino che dovesse avere allora e che tuttora continua ad avere.
9Fritjof Capra – Il Tao della fisica – Adelphi – Milano – 1997 – Pag 147 – 149.
10Giordano Bruno – De la causa principio et uno – Utet – Torino – 2013 – pag. 607.
11Giordano Bruno – De la causa principio et uno – Utet – Torino – 2013 – pag. 663, 664, 665.
12Giordano Bruno – De la causa principio et uno – Utet – Torino – 2013 – pag. 680-681.
13Giordano Bruno – De la causa principio et uno – Utet – Torino – 2013 – pag. 684.
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